Sassi e minacce: è allarme sicurezza

Sassi e minacce: è allarme sicurezza


Quasi 150 chiamate d'emergenza al giorno. Una ogni dieci minuti. Un Sos che viaggia dal pulsante montato in cabina di guida e arriva dritto nella sala operativa dell'Atac



Numeri che raccontano l'escalation di aggressioni, risse, sassaiole, minacce e tensioni sui mezzi pubblici della Capitale. 

Un'inquietante sequenza di episodi che il colosso dei trasporti conosce bene tanto da avere investito del problema prima il Campidoglio e poi le forze dell'ordine. 

Martedì scorso, il 29 ottobre, due tram in servizio sulla linea 8 sono stati presi d'assalto da uno squilibrato, che con un martello non ha risparmiato nemmeno un finestrino dei convogli, fermi sui binari di via del Casaletto, al Portuense. 

Il 19 ottobre un diciassettenne, dopo avere litigato con la fidanzata, ha ridotto in mille pezzi il finestrino del bus 46, in via Battistini, a Boccea. 

Poche ore prima, in viale Somalia, un 43enne aveva massacrato il parabrezza di un altro mezzo dell'Atac perché voleva «scendere prima» della fermata prevista. 

L'aggressione più grave risale al 20 settembre: una gang di otto minorenni, dopo essere salita sul notturno, ha aggredito il conducente colpevole solo di un rimprovero: «Smettete di fumare». 

Rimbrotto che gli è costato una scarica di pugni e il ricovero al pronto soccorso. 

Questi sono solo gli episodi più clamorosi, che affiorano sulle pagine di cronaca o rimbalzano sui social. 

Ma i numeri riservati dell'Atac sono diversi, molto più alti. 

Oltre 200 aggressioni da inizio anno, 63 ai danni degli autisti.

Via dal volante

In Prefettura, su input del prefetto Gerarda Pantalone, si sta lavorando a un piano mirato per rafforzare la sicurezza sulle tratte a rischio: i notturni, in particolare, e le navette che viaggiano nelle periferie degradate. 

Il Campidoglio, a cominciare dal neo-assessore alla Mobilità, Pietro Calabrese, spinge per spedire a bordo delle linee pericolose gli uomini in divisa: «Spero che gli agenti della polizia monitorino le linee maggiormente a rischio», ha detto già a fine settembre, dopo un vertice a Palazzo Valentini. 

In Prefettura rimangono molto cauti sull'idea. Anche perché sarebbe impossibile allargare questo tipo di controllo a centinaia di mezzi. Si punta invece sulla videosorveglianza. 

Si sta lavorando per collegare le telecamere già presenti sui bus alle sale operative di polizia e carabinieri. 

Oggi infatti quando il conducente schiaccia il pulsante, l'alert arriva alla centrale dell'Atac. 

Che poi, valutato il tipo di emergenza, gira eventualmente la segnalazione alle forze dell'ordine. 

Avere un collegamento diretto accorcerebbe non poco i tempi di reazione. 

I fondi per potenziare gli impianti sono già stati stanziati dal Viminale e dal Ministero dello Sviluppo. 

Ai controllori poi saranno forniti cellulari di servizio con un'app che farà partire le chiamate di emergenza al numero unico 112; dopo i verificatori, lo stesso dispositivo sarà consegnato ai conducenti. 

Rendere i bus più sicuri significa anche fermare l'emorragia di autisti che vorrebbero lasciare il volante alla svelta: in 1.258 hanno già fatto domanda per passare ad altro incarico.

Da Il Messaggero




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3 Commenti

Anonimo ha detto…
La videosorveglianza serve a poco. Il deterrente sarebbe maggiori controlli sulle linee a rischio. Lo stano facendo a Napoli, lo facessero anche qui, se ne hanno voglia.
Anonimo ha detto…
Il discorso è complesso, e di cose se ne potrebbero dire tante. Intanto si potrebbe cominciare dal far pagare i danni morali e materiali agli incivili responsabili di atti vandalici. Hai rotto un vetro? Ora lo paghi. Hai imbrattato un treno? Stesso discorso. L'ATAC pare abbia un efficiente ufficio legale: beh, allora lo utilizzasse per questo, invece di pensare, magari, a tentare di perseguire chi critica il suo operato.
Anonimo ha detto…
Il problema è a livello di Ministero dell'Interno, nel senso che, a fronte del più alto numero di forze dell'ordine in rapporto al numero degli abitanti, non si ha ancora, all'atto pratico, un efficace pattugliamento preventivo del territorio, anche perchè si tende, da noi, a trascurare il crescere di taluni fenomeni, ritenendo che "i problemi sono ben altri", mentre si deve partire a non tollerare neanche il più piccolo fenomeno di malcostume, a partire, appunto, dall'evasione tariffaria, per anni troppo tollerata (e lo è anche oggi, checchè ne dicano). Ormai i mezzi di trasporto pubblico sono considerati, da circa una decina d'anni, "terra di nessuno", a causa prima di tutto dell'abolizione dei fattorini, che comunque costituivano un deterrente all'evasione, nonchè al progressivo decremento del personale di verifica. Non parliamo poi, qui a Roma, di altri tipi di controlli, che sono ancora, all'atto pratico, inesistenti su bus e tram. In altre parole, se si cominciano a tollerare certi fenomeni come i piedi appoggiati sui sedili di fronte, gli schiamazzi, i cani senza museruola, la salita e discesa ovunque anzichè da porte precise, il risultato è, via via, quello attuale, ed il messaggio che si dà alla gente è: "fate il porco del comodo vostro". Gli autisti, poi, a torto od a ragione, col passar del tempo si sono sempre più disinteressati ad intervenire se, sul loro veicolo, qualcosa non va, e dunque il quadro di anarchia totale è completo. A Londra, per esempio, già se ti azzardi a non pagare il biglietto sull'autobus, sono dolori: non te lo consentono affatto. A parte poi che, là, è la stessa gente che ti richiama duramente, se ti comporti male: qui, al contrario, la gente si gira dall'altra parte. Inoltre, in quella città, i "bobbies" londinesi sono numerosi e pronti ad intervenire, non come i pizzardoni romani, che è comunque ancora oggi raro vedere in giro. E la cosa ancora più preoccupante è che non c'è alcuna voglia di iniziare a prendere seri provvedimenti contro questi fenomeni: la politica, su questo problema, fa solo chiacchiere, ma se ne frega altamente di fare qualcosa di concreto ed efficace.