Atac, Simioni: «Abbiamo liquidità fino a maggio»

Atac, Simioni: «Abbiamo liquidità fino a maggio»

Il manager, destinato all’Enav vuole lasciare i conti della municipalizzata romana dei trasporti in sicurezza e chiede aiuto a Palazzo Chigi, completando, così, il mandato che iniziato a fine 2017 che prevedeva l’addio dopo tre bilanci chiusi col segno più




Simioni via dall’Atac ma «non prima del bilancio approvato». Ciò che filtra da via Prenestina è, sì, la conferma del prossimo approdo del presidente-ad all’Enav, ma anche la sua volontà di lasciare i conti in sicurezza. Completando, così, il mandato che iniziato a fine 2017 che prevedeva l’addio dopo tre bilanci chiusi col segno più. 

E, in effetti, dopo quello del 2018, anche il rendiconto del 2019 sarà chiuso in attivo: 13 milioni, anche se, va detto, il maxi debito di 1,4 miliardi resta cristallizzato al tribunale fallimentare con il concordato preventivo. 

La data sarebbe quella del 30 aprile, ma l’ok del socio unico, il Comune, potrebbe slittare al 30 giugno, come da proroga concessa dal Cura Italia. Solo dopo Simioni saluterà tutti.

Nelle previsioni anche il terzo bilancio, relativo al 2020, sarebbe stato in attivo (quasi 25 milioni) se non fosse arrivata la crisi legata all’emergenza coronavirus a ribaltare la prospettiva. 

In una lettera d’allarme inviata al Campidoglio, infatti, Simioni segnala il rischio di «una perdita di 112 milioni» che riporterebbe i conti in rosso (meno 140 milioni) per l’effetto lockdown: offerta ridotta del 30% e utenti a meno 80%, quindi incassi solo da un ticket su cinque. 

Il che si traduce in una perdita di liquidità che consente all’Atac di resistere solo «fino al 31 maggio», scrive il manager. Nel senso che, da giugno, senza un nuovo aiuto del governo (che finora ha dato 44 milioni a ristoro della mancata bigliettazione) l’azienda avrà seri problemi a far uscire i bus dalle rimesse. 

E ad evitare il crack.

«Rivolgo un appello a tutte le istituzioni affinché ci aiutino a non vanificare il salvataggio e l’azione di risanamento di Atac», dice infatti Simioni. Perché la partita è doppia. 

Da una parte la liquidità che manca per erogare i servizi, e sul punto il dialogo con il governo è in corso: al momento è disponibile un fondo di 600 milioni per tutti i trasporti del Paese e c’è anche l’impegno per Atac di calibrare il ristoro sulla produzione indicata sul contratto di servizio (101 milioni di chilometri) e non su quella effettuata (96 milioni). 

Dall’altra c’è il concordato preventivo che, per non saltare, impone all’azienda degli step precisi e difficilmente conciliabili con le modalità della fase 2. 

A giugno Atac dovrà versare circa 140 milioni ai creditori (tranche di marzo prorogata per decreto), ma a causa delle misure anti-virus - bus a numero chiuso, ingressi contingentati ecc. - sarà costretta per mesi a produrre meno di quanto chiesto dai giudici fallimentari nell’ambito della procedura. 

E infatti tecnici aziendali e commissari del tribunale sono a lavoro per riaprire il piano e riformularlo con obiettivi che Atac, in tempi di coronavirus, possa centrare.





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