Ecco come questo bene essenziale si intreccia indissolubilmente
con la terza metropolitana di Roma.
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Tra le varie caratteristiche che rendono la metro C unica, c’è
sicuramente il legame intimo con l’acqua, che viene esaltato nelle stazioni di
San Giovanni, Porta Metronia e nel pozzo 3.2 “Celimontana”.
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Se da una parte in quest’ultimo è
stato ritrovato l’acquedotto dell’Aqua Appia, il primo dell’Urbe risalente al
312 a.C., dall’altra San Giovanni e Porta Metronia seguono il flusso dell’antica
Aqua Crabra.
L’Aqua Crabra era un corso d’acqua
proveniente dall’antica città di Tuscolo, situata tra i Colli Albani: le prime
tracce di questa linea di approvvigionamento si trovano nel De Lege Agragria, l’orazione
di Cicerone che fu pronunciata nel 63 a.C. contro la proposta di
redistribuzione delle terre avanzata dal tribuno della plebe Publio Servilio
Rullo.
La Crabra, infatti, alimentava la
villa del Cicerone a Tusculum che in epoca tardo repubblicana era luogo di
molte ville suburbane e di vacanza.
Il fiume scendeva dalle pendici
dei Castelli Romani fino alla città, toccando le attuali zone di Morena, quindi
la Torre del Fiscale: all’altezza di Porta Furba l’Aqua Crabra proseguiva nell’attuale
quartiere Tuscolano, fino al sito dove oggi sorge la Basilica di San Giovanni
in Laterano.
È proprio qui che nel 2014 è
stato ritrovato un enorme bacino idrico 35 x 70 metri di una azienda agricola
dal III secolo a.C. La vasca, foderata di coccio pesto idraulico, poteva
conservare più di 4 milioni di litri d’acqua e forniva l’alimentazione
necessaria a tutte le colture della tenuta: tra queste annoveriamo la
coltivazione risalente al I secolo d.C. delle prime “prunus persica” di Roma.
Frutti provenienti dalla Cina giunti nel mondo romano attraverso il contatto
con la Persia: questi frutti così gustosi e zuccherini sono oggi noti come… Le Pesche.
Proseguendo il suo corso, l’Aqua
Crabra giungeva presso l’area di Porta Metronia, dove è stata ritrovata la
Domus del Comandante, un appezzamento militare che fu utilizzato per proteggere
Roma fino alla costruzione delle Mura Aureliane (271-275 d.C.). Qui il fiume
alimentava i giardini della Caserma, allestito su terrazze degradanti verso il
corso d’acqua.
Da lì l’Aqua Crabra proseguiva il
suo viaggio assecondando i clivi fino all’area del Circo Massimo, dove sfociava
nella Cloaca Maxima.
Dopo la caduta dell’Impero e le
distruzioni barbariche, l’Aqua Cabra fu riutilizzata da papa Callisto II che
nel 1120 si pose il problema di recuperare risorse idriche senza realizzare
opere complesse e costose. Il corso del fiume fu deviato all’altezza della
Villa dei Centroni, a Morena, con uno sbarramento in muratura che deviava parte
delle acque di questo fosso in un condotto sotterraneo preesistente,
appartenente all'antico Acquedotto Claudio.
Dal Medioevo l’Aqua Crabra assunse
il nome di Marrana o Marana. Tutt’oggi non è chiara l’origine di questa toponomastica,
forse derivante dall’ager maranus luogo dove il flusso si allargava in un laghetto
paludoso (“Mara” significa proprio “paludoso”, “stagnante”). Una denominazione
che fu poi estesa a tutti i fossi e ai corpi idrici minori dell’Agro Romano.
In epoca papale, raggiunto il
Fontanone di Porta Furba, il rivo si biforcava in due parti e nutriva i due
Mulini la Mola de Supra e la Mola Vexalla, girando verso l’antica via Labicana
e sfociando nell’Aniene all’altezza del Ponte Nomentano. Questa biforcazione
più modesta in portata era detta la Marranella. Di entrambi i rivi è presente
una traccia nell’attuale toponomastica delle strade.
L’interesse dei papi per la cura
e l'incremento delle acque della Marrana fu costante. Innocenzo XIII, nel 1773,
ordinò la captazione delle acque di altre due sorgenti; Pio VI intervenne
egualmente nel 1793 e lo stesso Pio IX, nel 1856, concesse l'acqua scaturita
durante la perforazione della galleria ferroviaria di Ciampino sulla linea
Roma-Frascati.
Nel 1957, con la costruzione del quartiere
Appio Latino, la Marrana fu deviata nuovamente e allontanata dall’urbanizzato,
anche memori dell’inondazione della zona di Porta Furba del 1934. Il flusso fu
deviato prima nel collettore di via Tuscolana; quindi, divenne in definitiva un
affluente dell’Almone.
Sebbene lontana dal suo originale
percorso, l’Aqua Cabra o della Marrana continua ad alimentare la nostra città,
in un continuo dialogo tra la nostra vita e la nostra storia.
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