Il documento sblocca i fondi che serviranno a valorizzare i
reperti storici rinvenuti in più di 15 anni di scavi.
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La vicenda comincia nel 2010, quando il CIPE con delibera
60/2010 stanziava all’interno del quadro economico della tratta T3 ben 42 milioni
del cd fondo Arcus per la tutela dei beni culturali: in tale tesoretto 5,97
milioni vennero destinati al “Deposito e restauro dei reperti archeologici”,
che sarebbe stato gestito da Roma Metropolitane.
Nel 2018 la realizzazione degli altri interventi
conservativi in capo a Roma Metropolitane, tra cui la messa in sicurezza dell’attico
del Colosseo, è stata trasferita al neonato ente del Parco Archeologico del
Colosseo. Nel 2019 inoltre la Soprintendenza Speciale e la Sovrintendenza
Capitolina ha chiesto il subentro nell’intervento relativo al “Deposito e
restauro dei reperti archeologici”, formalizzato con delibera CIPESS 9/2023.
L’obiettivo, come si intuisce dal titolo dell’azione, è quello
di realizzare un deposito e laboratorio di restauro per i reperti archeologici
rinvenuti durante gli scavi della Linea C.
I reperti dovrebbero essere inventariati e esposti presso l’ex
Pantanella di via dei Cerchi, ma difficilmente sarà possibile ospitarli, vista
la mole di 7.000 cassette tutte da consultare e inventariare.
L’auspicio è che parte di questi oggetti possa essere ricollocata
nelle stazioni dove sono stati rinvenuti, arricchendo le anonime stazioni da
Lodi fino a Torre Maura, oppure ancora trovino spazio in qualche museo della
Capitale. Sarebbe un peccato – e uno spreco di denaro pubblico – se dopo il restauro
i reperti venissero dimenticati in qualche deposito.
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