Metro Roma a numero chiuso: l’incredibile accade nella Capitale

Metro Roma a numero chiuso: l’incredibile accade nella Capitale


Passeggeri tra rassegnazione e ansia: effetto domino sulla vita. La disposizione interna all’azienda prevede che il personale dell’Atac regoli gli ingressi, facendo entrare non più di 450 persone alla volta con la possibilità di chiudere i varchi



Fatalismo, ansia, rassegnazione. Risalgono dalla stazione Furio Camillo frettolosi e irritati i viaggiatori che, ogni giorno, sfidano l’ignoto. 

Sanno dell’ennesimo guasto, il cedimento di un gradino che la scorsa settimana ha messo fuori uso una delle quattro scale mobili, facendo scattare il piano di contingentamento dei flussi: una sorta di numero chiuso per evitare il sovraffollamento. 


La disposizione interna all’azienda prevede che il personale dell’Atac regoli gli ingressi, facendo entrare non più di 450 persone alla volta con la possibilità di chiudere i varchi fino al completo smaltimento. 

L’incidente, seppure senza feriti, preoccupa i pendolari che non hanno ancora metabolizzato l’episodio, assai più grave, dell’impianto collassato alla stazione Barberini (nel crollo furono travolti 24 tifosi russi del Cska Mosca in trasferta a Roma per una partita). 

«Siamo nella capitale d’Italia, dobbiamo aspettare il prossimo evento catastrofico per intervenire? - sbotta Angela Pansini, 56 anni, psicoterapeuta - . 

Mia figlia frequenta il liceo in centro, con la chiusura di Barberini è stato un disastro. Le inefficienze del servizio di trasporto creano un effetto domino, ritardi a catena che incidono sulla qualità della vita e del lavoro». 

Fiorina Meligrana, 56 anni, psichiatra, è costretta a prendere la metro per raggiungere il suo studio sull’Appia dall’Anagnina: «È un terno al lotto ma non ho alternative. L’incuria ormai è diventata cronica, da anni i mezzi pubblici non funzionano ma adesso la situazione è precipitata».

Mentre in molti quartieri i residenti, esasperati dalle montagne di rifiuti in strada, fanno massa critica e preparano class action per chiedere il rimborso della Tari, nei confronti di Atac l’approccio è più costruttivo: «Il costo dell’abbonamento annuale non è così esoso, sarei disposta a pagare di più per maggiore sicurezza e corse più frequenti - ammette Meligrana –- . Gli autobus sono in pessime condizioni, a volte fanno un tale baccano che temo si aprano come in un cartone animato».

Concorda sull’equità delle tariffe Silvia Bonanno, 33 anni, che lavora in una società di formazione: «Boicottare il pagamento del biglietto come forma di protesta peggiorerebbe il problema, il punto è come vengono utilizzate le risorse. 

A San Giovanni si rompono di continuo le scale mobili, eppure la stazione è stata riammodernata di recente, lo trovo incomprensibile». 

F. M., 70 anni, ex giudice in pensione, ormai ha affinato l’udito: «A Barberini uno degli impianti di risalita faceva dei rumori strani, evitavo di prenderlo. 

Gli operai lavoravano da almeno quattro anni ad apparenti riparazioni, perciò delle due l’una: o sotto vi sono degli interessi, oppure siamo di fronte all’ignavia più totale». 


Quanto alla congruità del prezzo di una corsa (1,50 euro il Bit da 100 minuti) l’ex magistrato è sarcastico: «È giusto, anzi farei pagare di più a chi non è andato a votare o ha bocciato il referendum per la messa a gara del servizio».

Tra le magagne riscontrate a Furio Camillo anche la scarsa pulizia: «Da quando a occuparsi dello spazzamento delle scale sono gli addetti alla stazione è un porcile. 

Quando ho provato a segnalarlo, mi hanno risposto che loro non c’entrano nulla, mi chiedo di cosa si occupino…». 

L’antidoto alle insidie del caso (e della trascuratezza) è il tatticismo di chi, come il signor Giuseppe, 69 anni, pensionato, se può ripiega su percorsi alternativi per evitare la metro: «Certo che ho paura, mi aggrappo forte al corrimano e trattengo il fiato finché non riemergo in superficie».

Da Corriere della Sera









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