Di @m4rtux |
La notizia del minibus in fiamme nel Centro di Roma ha già fatto il giro di tutta Italia, finendo sui tg e le testate nazionali. Tra chi sogghigna di fronte all’ennesimo fallimento del nostro trasporto pubblico e chi invoca in pubblica piazza (digitale) al “gombloddo” universale contro la Sindaca, vorrei riportare un po’ di chiarezza rispetto a questo apparentemente inspiegabile episodio di autocombustione.
Al 2006 quindi risale solo il telaio, la scossa ed altri piccoli elementi che, sebbene importanti, non rappresentano evidentemente un elemento di rischio rispetto all’innesco dell’incendio.
Ma come è dunque
possibile che un autobus nuovo si guasti nel giro di 10 giorni?
Trattandosi, appunto, di un mezzo nuovo è plausibile parlare
di un guasto “infantile”, un difetto di revisione che si presenta in “giovane
età” (come gli infanti, che camminano con difficoltà perché devono imparare a
coordinarsi).
La vettura 653 è la stessa che il 18 maggio scorso (a soli 5
giorni dalla messa in servizio e 5 giorni prima dall’incendio odierno) si era
spenta in corsa durante il normale servizio: il campanello d’allarme quindi
c’era!
Cosa può prendere
fuoco in un autobus elettrico?
Dalla fisica di base è noto che il passaggio di corrente produce
calore secondo la legge di Joule.
L’elemento più esposto a questo incremento di temperatura è indubbiamente la batteria, che contiene il “carburante” elettrico.
I moderni pacchi a litio sono tuttavia dotati di un BSM (battery management system), che attraverso una serie di sensori, tra cui un termometro, trasmette informazioni in tempo reale sullo stato della batteria: in caso di surriscaldamento il modulo entra automaticamente “in protezione”, limitando l’assorbimento di potenza e la velocità del veicolo.
L’elemento più esposto a questo incremento di temperatura è indubbiamente la batteria, che contiene il “carburante” elettrico.
I moderni pacchi a litio sono tuttavia dotati di un BSM (battery management system), che attraverso una serie di sensori, tra cui un termometro, trasmette informazioni in tempo reale sullo stato della batteria: in caso di surriscaldamento il modulo entra automaticamente “in protezione”, limitando l’assorbimento di potenza e la velocità del veicolo.
Pertanto è improbabile che il fumo si sia originato
direttamente dalla batteria.
Un’ipotesi alternativa plausibile è che si sia allentato un
contatto, una bullonatura, a causa del manto stradale disconnesso: il 18 maggio
potrebbe aver portato alla messa a terra del circuito, che ha scaricato
istantaneamente la batteria, il 23 maggio l’esposizione delle parti in plastica
al calore del flusso elettrico avrebbe portato al fumo, senza fiamme libere.
Chiaramente le nostre
sono semplici ipotesi: solo una perizia dell’Atac potrà rispondere in
merito alle cause precise del guasto.
Il punto è che
bisogna ragionare ed indagare quando avvengono incidenti di questo genere,
piuttosto che imbracciare l’idea del complotto o godere del fallimento di un servizio.
Ora che gli autobus disponibili sono scesi da 5 a 4 unità,
su un fabbisogno di 3 vetture per la linea 119, le ripercussioni
sull’affidabilità della linea saranno inevitabili: non sarebbe stato meglio
attendere di avere a disposizione qualche altro autobus di riserva tra i 25 in
lavorazione prima di riattivare il 119?
Vuoi muoverti meglio con il trasporto pubblico a Roma? Rimani informato con il nostro canale Telegram Roma Trasporti News |
0 Commenti