Negli anni 60’, a partire dalle Olimpiadi e sulla scia del boom economico, a Roma si operò la scelleratissima scelta di dare priorità alle macchine private, subordinando ad esse l’importanza del mezzo pubblico in generale e su ferro in particolare.
Ad oggi, nonostante siano passati oltre 50 anni da allora e, nonostante gli autobus si siano rivelati largamente insufficienti, ancora questa mentalità è imperante: interi quartieri nascono senza le opere di urbanizzazione primaria e spesso vengono malamente collegati alla città con autolinee a frequenza ridotta e che rimangono paralizzate nel traffico per la penuria di corsie preferenziali.
Poiché dalla periferia la macchina sembra essere l’unica scelta possibile per muoversi, il centro storico ogni giorno viene avviluppato in questo mare di lamiere.
Le amministrazioni degli ultimi anni hanno assecondato questo scellerato orientamento ed, unitamente alla crisi economica, il risultato inevitabile è che anche l’Atac ha subito una trasformazione - in negativo - con tutti i disservizi che gli utenti vivono ogni giorno.
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