Il treno delle mie brame: riflessioni sulla Roma-Lido (e non solo)


Attaccati al Bus: Oggi alla stazione di Vitinia è accaduto l'impossibile, io ero in mezzo alla calca e malgrado la confusione un paio di riflessioni, dopo l'ennesima avventura, sono riuscito a farle



Ostia Antica, martedì 26 Novembre 2019, ore 8.20 del mattino.

Mi avvicino lentamente alla stazione, da lontano vedo un treno in direzione Roma fermo al binario con la gente che bivacca sulla banchina: anche oggi pesanti disagi sulla linea.

La rassegnazione e calma sono parte del mio mood mattutino: so già che arriverò tardi in ufficio, tanto per cambiare. Arriverò quando arriverò (se arriverò).


Entro in stazione, cerco un buco sul treno, accendo il telefono e mi sintonizzo su twitter e whatsapp. La voce del macchinista nel frattempo annuncia: "servizio sospeso sull'intera linea causa guasto a treno a Vitinia e presenza di persone sui binari". 

Andrea, l'informatissimo @iltrenoromalido, non è ancora arrivato in stazione ma sa già che a Vitinia è successo un macello: treno rotto, tuttigiuperterra, insulti e aggressione a chi è alla guida del treno (una donna), intervento delle forze dell'ordine.

Mando messaggio ai colleghi in ufficio: "oggi arrivo domani". 

Per il lavoro che faccio posso permettermi di arrivare in ritardo: non sono le ore lavorate ma la qualità del lavoro svolto e la soddisfazione dei clienti che fanno la differenza...ma purtroppo sul treno non tutti godono di questi privilegi.


Ecco perchè capisco ed in parte giustifico la rabbia della gente a Vitinia: è il quarto anno che la linea sta per essere premiata con il premio Caronte, linea peggiore d'Italia, sono un paio di mesi che le rimodulazioni e i guasti trasformano l'orario della roma-lido in una lotteria.

Fischio del macchinista, porte chiuse, il treno finalmente abbandona Ostia Antica. 

Ho già perso la cognizione del tempo circa quanto tempo sia passato dall'inizio di questa odissea: lunga sosta in partenza, lunga sosta ad Acilia, lunga sosta a Bernocchi, con risse varie dei viaggiatori che tentano di salire su un treno troppo pieno.

Mentre il treno procede lentamente il macchinista annuncia "stiamo per arrivare a Vitinia, si salirà e scenderà dal lato destro".

"Comunicazione impeccabile" - penso, sentendo l'ennesimo annuncio del macchinista che ci ha tenuti aggiornati sulla situazione per tutto il tempo.

Ma ho parlato, o meglio, pensato troppo presto.

A Vitinia entriamo lentamente; il treno devia sul binario che di solito viene usato dai treni che vanno verso ostia e affianca il treno rotto fermandosi in banchina. Sull'altra banchina la Polizia, (poca) gente che viene sgomberata forzosamente dal treno e gente disorientata.


Una persona sul mio treno si sente male. Il macchinista dà il triste annuncio: "se non intervengono i sanitari il treno non può partire". Parte della gente sul treno decide di scendere.

Il treno guasto sull'altro binario chiude le porte e inizia la sua marcia verso il deposito. Restano in banchina la polizia e gente che discute animatamente con gli agenti.

"Non ci possiamo muovere senza l'intervento dei sanitari" - ripete il macchinista - "sull'altra banchina stanno arrivando altri treni in direzione Roma".

Inizia la transumanza generale: tantissimi abbandonano il treno "con il malato" e tentano l'impresa impossibile di attraversare il passaggio sopra i binari e raggiungere l'altra banchina.

Si libera un posto. Mi siedo e come i matti parlo da solo a voce alta: "almeno il posto a sedere l'ho trovato, ormai quando arrivo arrivo".



Un treno entra in stazione e si affianca al mio: è pieno all'inverosimile, sarà impossibile per la folla che ha deciso di cambiare binario riuscire a salire su quel treno.

Ormai ho addosso la serenità incosciente di chi affronta con il sorriso una sciagura: continuo a leggere sul twitter le avventure di altri dannati e condannati a questo disagio. Il treno sull'altra banchina riesce a chiudere le porte e a partire. Un paio di agenti sono passati sulla banchina del treno con il "malato".


Nel frattempo arriva e si affianca in stazione un altro convoglio per il centro, altro carro bestiame pienissimo su cui sarà impossibile salire. Pochi istanti e sento fischiare. E' un fischietto da macchinista. Sono un po' smarrito: il treno che ho visto arrivare si è fermato da poco, possibile che il macchinista abbia così fretta di partire?

La risposta ai miei dubbi arriva poco dopo: le porte del treno su cui mi trovo si chiudono lasciando a terra (con sguardo basito) parecchi passeggeri che erano scesi.

E il malato?

E la comunicazione impeccabile del macchinista?

Nulla.

Nessuna seconda chance a chi è rimasto in banchina: le porte non si riaprono e il treno parte abbandonando centinaia di passeggeri in stazione.

Andrea è uno di quelli, questa volta i suoi informatori non sono riusciti ad aggiornarlo in tempo. Ha perso il treno e chissà quando riuscirà a prenderne uno decente. Continuo a leggere avventure e proteste varie sui social mentre il mio treno procede sicuro verso il capolinea.

"Sono stato più fortunato di molti altri" - penso.


"Scioperano per noi utenti" - annunciano sui social i sindacati aderenti. Sindacati che alla richiesta di spiegazioni sul perchè in un giorno feriale che danneggia l'utenza (e su altre tematiche che riguardano utenti e lavoratori), dicono di "non voler parlare con noi" perchè con il nome AttaccatiAlBus possiamo essere solo una barzelletta"


Sui social Valentina di ATAC si indigna per le aggressioni verbali e fisiche alle colleghe macchiniste: "non siamo i vostri capri espiatori" - scrive - "ma continuate a prendervela con chi sta in prima linea come voi".




Giusto, giustissimo condannare la violenza soprattutto in presenza di donne, male, malissimo l'incapacità di comprenderne i veri motivi di tanta rabbia che gli utenti sfogano alla fine sui macchinisti.

Già, perchè alla base di queste azioni non c'è solo il guasto quotidiano che esaspera gli animi, non c'è la sensazione di abbandono da parte delle istituzioni, c'è anche l'estrema lontananza tra i lavoratori atac e gli utenti, lontananza che si è ingigantita negli ultimi anni.

La diffidenza dell'utenza nei confronti di chi dice di svolgere un servizio in condizioni estreme è frutto di una costellazione di scioperi insensati, tutti di settimana, molti di venerdì, che hanno reso impossibile la vita a chi pendola, costringendolo spesso ad usare il mezzo privato. 

Ogni anno ad esempio la città è costretta a fermarsi per lo sciopero della festa della donna, essere umano relegato da sempre in secondo piano nella società, che ha faticato anni per scavarsi un posto nel mondo del lavoro degli studi, che viene danneggiato dallo sciopero visto che utilizza i mezzi pubblici per andare a lavorare.




I rappresentanti dei lavoratori che si rivolgono con toni spocchiosi nei confronti dell'utenza (abbiamo preso una sigla a caso ma la sostanza non cambia) potranno mai essere affiancati nelle loro lotte da chi usa i mezzi? Perchè dunque ci si stupisce del profondo odio dei cittadini comui nei confronti dei "privilegiati" che lavorano nel tpl?

Lo sciopero, diritto sacrosanto del lavoratore, dovrebbe essere una forma di protesta contro il datore di lavoro. Nel tpl romano danneggia sempre e solo l'utente finale. Gli scioperi infatti vengono giustificati da ATAC come "sospensione del servizio causa forza maggiore". In questo modo il datore di lavoro si fa pagare dal comune servizio mai erogato (fonte: il fidatissimo @mercurioPsi che con le scartoffie atac-comune ci sa fare) e si risparmia i soldi della giornata di paga di chi sciopera.

Morale della favola: dalla parte dell'utente del trasporto pubblico locale non c'è nessuno.



Alcune dimostrazioni palesi:
  • agli scioperi dei lavoratori atac non sono mai seguite manifestazioni, volantinaggio, presidi davanti alle stazioni e informazione e confronto con l'utenza: qualche sindacalista si è giustificato dicendo che "durante lo sciopero i lavoratori si riuniscono in assemblea"
  • alle riunioni dei comitati dei pendolari che si battono per un servizio migliore la figura del lavoratore atac che dovrebbe essere "dalla nostra parte" è mitologica
  • i politici che si indignano fanno parte di quell'opposizione a caccia di voti e consenso che, una volta vinte le elezioni, si trincera dietro le porte delle stanze dei bottoni e non ti ascolta più
  • i politici che potrebbero agire e risolvere il problema si limitano a fare proclami di azioni che se avranno seguito peggioreranno solo la situazione

Di @ATtACcatiAlBus Laureato in Cialtroneria delle telecomunicazioni si è autoproclamato organismo certificatore unico degli alti standard comunicativi di atac e infoatac, presso l'accademia delle belle arti. Fondatore del MoMatac



Iscriviti alla newsletter! Se desideri rimanere aggiornato, inserisci il tuo indirizzo email.

* indicates required
Email Format


Posta un commento

1 Commenti

Anonimo ha detto…
Ragazzi, mi meraviglio che vi meravigliate. Torniamo sempre al solito discorso, detto e ridetto più volte, fino all'ossessione: l'attuale situazione è il risultato di scelte tecnico-politiche sbagliate fatte negli scorsi anni, alle quali certo non si può porre rimedio in tempi brevi. Finchè certe aziende di trasporto non risponderanno ad una razionalità aziendale e non avranno obiettivi di efficacia del servizio, ma serviranno solo ad assumere gente per il puro scopo di assorbire disoccupazione e con criteri basati unicamente per far contenti sindacati, politici ed affini (capacità, professionalità e meritocrazia non esistono più), ed avranno dirigenti con stipendi da Hollywood che capiscono un decimo di quelli di una volta, sarà sempre così. A questo ci si aggiunge una politica incompetente e qualunquista, ed il quadro di degrado totale riuscirà completo. Mi stupirei se non fosse così.