Come far sviluppare su ferro una metropoli senza arrecare danno ai beni archeologici del sottosuolo? Il futuro della mobilità sotterranea di Roma è incompatibile con il rispetto del suo passato?
Le prime indagini sono state svolte prima da Roma Metropolitane, poi da Metro C tra il 2006 e il 2010, sotto la supervisione della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Roma. Nelle indicazioni si raccomanda, tra le varie cose, che “gli scavi siano eseguiti con ogni cautela, utilizzando piccoli mezzi meccanici, sotto costante controllo di archeologici messi a disposizione dal soggetto che esegue i lavori”.
La stessa Soprintendenza, in seguito, non ha autorizzato le indagini preventive nella zona dov’era prevista Stazione Argentina e così la fermata è sparita dalla tratta T2.
Nel frattempo – in seguito alla nomina un Commissario Delegato per la prosecuzione ed il completamento delle nuove linee metropolitane di Roma e Napoli – è stato redatto un prontuario per gli scavi recepito dal progetto definitivo.
Poi Roma Metropolitane ha affidato al contraente uno studio di interazione tra tratta T2 e T3 (San Giovanni-Fori Imperiali) e beni storici e archeologici con 56 siti indagati.
“Gli studi svolti hanno analizzato l’interazione tra lo scavo delle gallerie e gli edifici preesistenti, tenendo conto del loro stato di conservazione, delle condizioni geotecniche del sottosuolo e del metodo di scavo adottato e hanno consentito di predisporre uno schema di monitoraggio degli edifici, individuando i monumenti e i palazzi storici che necessitano di interventi di salvaguardia, preferibilmente di carattere provvisorio e reversibile- spiega il comitato – Abbiamo visto le volte scorse come lo studio del CTS possa essere citato quale primo esempio a livello mondiale di approccio scientifico di tematiche di tale importanza e rilevanza.”
Da Radio Colonna
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